Anton Raphael Mengs (Aussig 1728-Roma 1779)
Giove e Ganimede

1760 ca.

Affresco riportato su tela

cm 178,7 x 137,5

Palazzo Barberini

Inv: 1339

Nel 1760 da scavi archeologici nel viterbese, emerse un frammento di affresco ad encausto rappresentante Giove che stringe tra le braccia un Ganimede: “una delle figure più belle che ci siano rimaste dall’antico”. Così commentò l’opera Johannes Winckelmann, padre dell’archeologia moderna, nella sua Storia delle Arti e del disegno presso gli antichi (1764).
Forse la sua nostalgia dell’antico era tale da impedirgli di accorgersi che l’opera era un falso, creato a tavolino dall’amico tedesco Anton Raphael Mengs, teso a dimostrare come le idee di Winckelmann riguardo alle tecniche artistiche degli antichi fossero errate.
Così, lo storico dell’arte non si accorse di alcune piccole incongruenze pittoriche ed anacronismi, come ad esempio la strana decorazione baroccheggiante della pedana del trono, che pure avrebbero dovuto metterlo in allarme; e Mengs passò alla storia come grande falsario e autore di uno scherzo tanto perfido quanto geniale, confessato solamente sul letto di morte alla sorella Theresa Concordia.